martedì 5 settembre 2017

Ciclabile dell'Adige. Merano - Trento

di Giulia Cocchella


Quando si segue il corso di un fiume, è impossibile sbagliare strada.

Così anche oggi pedalo tranquilla della mia direzione, gli occhi attenti solo al paesaggio.
L'Adige è grigio la mattina, diventa più chiaro e luminoso con l'alzarsi del sole, prende in prestito il colore dal cielo, dalla vegetazione che lo circonda di volta in volta, e dalle montagne.



Sono queste le protagoniste assolute. Si impongono all'orizzonte dopo poche decine di chilometri e la strada le avvicina fin quasi a toccarle.



A perdita d'occhio. 
Mi fermo a guardarle, le guardo mentre pedalo, le guardo facendo uno spuntino a metà mattina.
La verità è che non riesco a smettere, esercitano su di me una sorta di ipnosi.
Le loro pendici, più vicine al fiume, mostrano ancora una parentela con il bosco, con le cose della terra. Poi diventano inaccessibili agli altri regni: impraticabili per l'uomo, per gli animali, persino per le piante. La vegetazione si ritira e le lascia nude.


La ciclabile si sviluppa sempre sul fondovalle e ora il panorama è largo, affiancato da queste dorsali di roccia, dorsi di giganti che si scaldano al sole, ora l'orizzonte si stringe e si incaglia: pedalo in mezzo a due file scoscese di pietra, parallele.




Trento si annuncia con due grandi viali ciclabili, appena fuori la città. Poi spalanca subito la sua piazza migliore ad accogliere chi arriva in bicicletta.



Oggi ho condiviso la strada con alcuni gruppi di ciclisti, perciò ho fatto poche chiacchiere, perché chi viaggia in gruppo tende ad essere autonomo nel tenersi compagnia.
Poi, forse per via del fiume, o per aver osservato così a lungo le montagne, penso a Henry David Thoreau.

È così che mi si affianca un uomo in bicicletta. Una draisina, per l'esattezza. L'uomo è vestito di tutto punto, ha un papillon scuro e i capelli piuttosto lunghi, con la riga laterale. Spinge la bicicletta a forza di gambe, perché la draisina non ha pedali, ma nonostante tutto mantiene una sua propria eleganza, d'uomo d'altri tempi.


Non dico nulla, aspetto. Il mio compagno di viaggio ha l'aria del contemplativo. Intanto a sinistra della ciclabile si snoda una strada di terra, che intrappola una lunga striscia d'erba, al centro. Le tre strade, per così dire, convergono all'orizzonte.

- Incredibile, è incredibile! - 
Gira il volto verso di me, ha gli occhi chiari.
- Che cosa è incredibile? - 
- Quanto si possa essere soddisfatti di nulla... solo di una sensazione di esistenza - 
La draisina scricchiola sotto le spinte energiche delle sue gambe. Sorride.
- Individuatene una. E seguitela. - accenna con la testa davanti a noi.
- Dite, signore? Che fa lo stesso? - 
- Non dico lo stesso... ma come  potete constatare, l'orizzonte è il medesimo - 
Passa un falco nel suo elemento, grida.
- Così posso scegliere una strada per un'altra... - 
- Non ho affermato questo, ho soltanto guardato l'orizzonte e fatto deduzioni ovvie - fa una pausa per prendere fiato - E poi, quale strade state valutando? Io ne vedo almeno sei - 
- Almeno sei? - chiedo, guardando la ciclabile, la strada sterrata e la striscia d'erba in mezzo.
- Almeno sei - ripete.
- In tutta questa faccenda, ciò che non state considerando... mi permettete, signorina? - 
- Certamente - 
- È la direzione - 
Resto muta. Si volta di nuovo verso di me. Ha gli occhi vivaci, luminosi.
- Inseguite la vostra vita! Non perdetela di vista, fate ciò che amate! - 
Poi si solleva una nuvola di polvere e sono di nuovo sola con le montagne.







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