martedì 10 maggio 2016

Il lago di Costanza. Partire dal bosco

di Giulia Cocchella


La cosa che più dispiace della paura è l'ingombro. E non importa che sia una paura piccola, ridicola, persino difficile da dire: ciò che conta è lo spazio che si prende, l'aria che toglie al respiro quando si incunea tra i visceri, appena sopra lo stomaco di solito.
Il viaggio inizia dal bosco. Dove, altrimenti?
Camminarono tutta la notte, e poi ancora il giorno dopo, fino a sera, senza riuscire a uscire dal bosco


Lo attraverso in bicicletta, orecchio stetoscopico al ghiaino che rimbalza contro i parafanghi: se foro la ruota dietro e non riesco a smontare il cambio, come glielo spiego?
Sarà che le parole per me hanno un corpo definito e mi piace che le cose si possano dire precise, come si pesa il pane all'etto. Sarà che la mia lingua è la mia, perciò non potrei dire davvero “ti amo” o “questo gelato è buonissimo” usando altre lettere. In tedesco nemmeno “ho forato, mi aiuta a smontare il cambio?”, così su due piedi neppure “aiuto”, all'occorrenza. Eccola, la mia paura.
Chissà perché un bel giorno, pure in possesso di identico apparato fonatorio e con simili esigenze espressive, gli uomini hanno preso a parlare lingue diverse...


Insieme al bosco mi lascio alle spalle Costanza, dove ritornerò a fine viaggio, le sue fontane fiabesche dalle linee tonde e il suo porto, sorvegliato a vista dallo sguardo mobile di Imperia.



Mainau è l'isola dei fiori e si può percorrere soltanto a piedi. Spiego al guardiano nel mio inglese maldestro che non ho una catena per la bici, ma è un modello pieghevole, posso lasciarla sotto la sua custodia? L'uomo mi sorride e indica il negozio di souvenir. Ritorno, l'ho trovata, gli dico. La leghi qui davanti così posso sorvegliarla, aggiunge. Mentre chiudo il lucchetto mi scappa un sorriso: dopotutto ci siamo capiti.
Lascio la bici nel parcheggio attrezzato ed è un po' come togliersi le scarpe per entrare. La striscia di terra che conduce all'isola è circondata dall'acqua. C'è una folaga che nuota poco distante e un dirigibile che si sposta in alto con la grazia di una nuvola perfetta. Tutto prepara allo stupore del giardino.
È sufficiente varcare la soglia per assistere ad un'inversione di toni: il grigio lago diventa colore in tutte le sue tonalità e gradazioni, lo sciabordio lento dell'acqua è sovrastato da centinaia di uccelli che cinguettano ubriachi di fiori.










Tulipani, rose, narcisi, giacinti, orchidee, nontiscordardime...

 

L'iris della Fata Fragola, ancora in bocciolo, è così bello nel nome che starei qui seduta ad aspettare. La Davidia involucrata, o l'Albero dei fazzoletti, stende al sole i suoi petali di finta seta: solo ad uso taschino.


I fiori sono accostati per colore, formano colline sgargianti, tappeti che si avvolgono attorno ai tronchi degli alberi, scivoli arcobaleno che digradano verso il lago. Nel viale delle sequoie un frullo di ali azzurre sparisce dentro un nodo nel legno, Signor Coniglio, si fermi!


La ciclabile, sempre ben segnalata, conduce con qualche saliscendi a Dingelsdorf, con le sue belle case a traliccio, Wallhausen, Lagenrain, Bodman e Sipplingen. La strada è piacevolissima, profumata dai fiori dei meli quando corre in mezzo ai campi, mentre altrove, quando è più vicina al lago, offre la possibilità di scendere alla spiaggia.



Arrivata a Uberlingen decido di fermarmi.



 Potrei proseguire oltre, ma è l'ora di cercare un posto per dormire e questa piccola cittadina di casette tipiche promette di essere ospitale: una volta trovata una sistemazione per stasera potrò visitarla con calma.



Trovo una camera proprio in una vecchia casa a traliccio, la cui intelaiatura in legno, scopro, non è visibile solo in facciata per il contrasto con il colore chiaro dell'intonaco, ma anche sulle pareti all'interno. 
La signora che mi accoglie all'ingresso sorride tranquilla, mi mostra un posto sicuro dove lasciare la mia bici e mi dice secondo, alzando l'indice verso l'alto. Inizio ad imparare che in questi posti le strade sono piane e le case in salita, aguzze come matite appena temperate. E con lo stesso profumo.
Il pavimento di camera è storto, pende verso la porta e scricchiola sotto ogni passo. Sarà come dormire nella casa sull'albero, o in quella di marzapane.
Chi rode, chi morsicchia, chi la casa mi rosicchia? Rido, penso ai quaderni in cui i fratelli Grimm annotarono  le fiabe, penso al bosco, alla strega, al lupo. Penso alla mia paura di inciampare nelle radici delle lingue che non conosco, al mio personale bosco di ombre.
Mi affaccio e controllo le tegole: niente biscotti. In compenso trovo un cuoricino di cioccolato accanto al cuscino.









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