venerdì 7 agosto 2015

Valtellina. Pedalare tra le montagne

di Giulia Cocchella

Quando si nasce vicino al mare, la vista dell'orizzonte che si stende mobile, azzurro, è quasi un'esigenza degli occhi, un'abitudine del guardare. Dritto davanti a noi, alla nostra altezza, troviamo quella linea che a tratti si confonde col cielo - talvolta è soltanto una barca o una piccola boa rossa a distinguere gli elementi -, la troviamo e insieme recuperiamo il conforto tipico dei confini valicabili, delle distanze che si possono indicare col dito. Le montagne sono un'altra cosa.



Le montagne, quando si parano davanti alla strada o la accompagnano, trasformano l'orizzonte in una sfida, che a volte non è dato raccogliere. Le guardo e penso che ci sono pareti non percorribili, creste sulle quali non è possibile appoggiare i piedi, che questa manifestazione della natura è finalmente fuori dal nostro controllo. Un invito a lasciare alle aquile il territorio che è loro proprio.
Ci troviamo in Valtellina quasi per caso, per una buona idea proposta e condivisa al volo.
Il Sentiero Valtellina è una ciclabile di lusso, lo si percepisce subito, appena scesi dal treno a Colico. Ancora uno sguardo al lago, che adesso ha colori tutti diversi da quelli che abbiamo trovato a gennaio scorso, e si parte verso Tirano. 



Ciclabile di fondovalle, il Sentiero Valtellina è adatto a chiunque; corre lungo l'Adda da Colico a Bormio, passando per Morbegno, Sondrio e Tirano. 


Gli sportivi la utilizzeranno come raccordo per arrivare alle salite del ciclismo storico, ma questo non toglie nulla alla bellezza del percorso: cento chilometri di verde sfrenato, di campi di granturco, l'Adda che corre ora a sinistra ora a destra della strada, germani, folaghe, cavalli, mucche e caprette, più in alto i falchi. E le montagne. L'ho già detto, le montagne?



"Le vie cantano", scrive Rumiz citando Chatwin, e prosegue dicendo una grande verità, che chiunque abbia esperienza dell'andare in bicicletta conosce: "per catturarla" (la voce delle montagne) "devi andar su leggero, scavarti un tuo tunnel di silenzio". Qui le montagne le vediamo dal basso, dal fondo di questa valle, ma impongono ugualmente la muta ammirazione.



Arriviamo a Sondrio e cerchiamo il fresco nell'acqua di una fontana.



Sondrio ci accoglie anche nell'ombra dei suoi cortili. Sono fatti di pietra e di travi di legno, sono spazi privati e pubblici a un tempo. Quando appoggiamo le biciclette al muro, una signora ci guarda dall'alto di una scala. Alessandro la saluta e la diffidenza trascorre. C'è una casa con la vigna attorcigliata al parapetto dei balconi: grappoli d'uva al posto dei panni stesi. 




Ci sono farfalle dipinte, trasparenti al sole, appese alle finestre e alle scale di pietra. Scivolate fuori dalla penombra degli interni come sogni notturni che di giorno è difficile credere.


Arrivati a Tirano, Corrado ci viene incontro: è bello rivedersi! Più tardi conosciamo Francesca e un attimo dopo siamo tutti seduti al tavolo per la cena di contrada, come fossimo nati lì anche noi, in quelle case di pietra che circondano la piazza. 


Una signora ci chiede da dove veniamo, perché credo conosca una ad una le persone sedute a questi tavoli, anche se sono più di cento, anche se sono un po' di anni, ci racconta, che vive con la figlia e in questa contrada, dove è nata, torna solo quando può. Una volta arrivava la neve ogni inverno, dice, e il divertimento più grande era fare le discese con la slitta. Mi accorgo che la nostra tavolata - che inizia in piazza e fa una curva, là dietro - da questo lato prosegue dentro ad un cortile privato, il cancello spalancato perché ci stiano tutti. Le sedie sono state prese in prestito un po' ovunque, per l'occasione.


Ci mettiamo a chiacchierare seduti per terra (- La polenta gialla che avete mangiato è fatta con il mio granturco - ci informa una signora che si siede con noi), è bello stare qui a parlare e ad accarezzare Black, penso ( - Domani dove andrete? - Chi lo sa?), è bello sentirsi a casa fuori casa (una bimba raccoglie le firme dei partecipanti per sapere quanti siamo, le disegno sul foglio una zampetta così possiamo contare anche il cane).
Ci saranno almeno otto tipi diversi di dolce. Una bimbetta che ha appena imparato a camminare fa il giro dei lavatoi facendo correre una mano lungo il muro esterno, altissimo per lei; mi accorgo che lì dentro, immerse nell'acqua, ci sono le bottiglie tenute in fresco. 
Poi a un tratto - qualcuno ha detto stop? ha contato fino a tre? - la festa finisce, le tovaglie di carta si ripiegano su loro stesse, i tavoli vengono smontati in un attimo, le sedie impilate. La gente si saluta, il cancello Proprietà Privata si richiude e la piazza adesso sembra più piccola. Vorrei dire grazie a qualcuno, ma non so a chi. A tutti, a ognuno. 
L'ultima cosa che sento, prima di addormentarmi, è un silenzio perfetto, solido, liscio come un sasso di fiume. Dev'essere questo, il silenzio che scende dalle montagne.




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