domenica 9 agosto 2015

Valchiavenna. Pedalando sotto la pioggia

di Giulia Cocchella

La pioggia a volte ha una sua forma di gentilezza. La vedi appesantire le nuvole, la senti appena dietro le spalle, a ruota, come uno respiro trattenuto, come un pensiero confuso che sta in un angolo della mente. Ti lascia andare, ti fa credere che quella sospensione durerà ancora una curva, poi un'altra, ti illude, a volte invece mantiene la promessa. 


Ieri, la discesa dal Passo del Maloja sarebbe stata difficoltosa con l'asfalto bagnato, ma la pioggia ci ha raggiunti solo a fine corsa, a Chiavenna.
Questa mattina lascia addirittura spazio a un po' di sole.


 


Chiavenna ci trattiene per un po' con le sue vie curate, le verande sul fiume e i fiori alle finestre. Vorremmo visitare il mulino ma è aperto soltanto il pomeriggio, così giriamo senza meta tra le case mentre il paese si risveglia e ai tavolini fumano le tazze di caffè.
Una portone di legno semiaperto ci invita in un piccolo cortile privato, dove il sole entra di sbieco.




La ciclabile della Valchiavenna inizia da una stradina subito dietro la piazza principale e ci conduce immediatamente tra le case di un paese fantasma: grigiopietra, verdefoglia degli alberi che abitano i giardini e del muschio che ricopre i tetti. Gli architravi sopra le soglie delle case riportano le date di costruzione di due, tre secoli fa.



Gatti e caprette sorvegliano il nostro passaggio.





La ciclabile attraversa paesaggi sempre diversi, con rampe, discese, curve e rettilinei, una galleria che apparteneva al vecchio tracciato ferroviario, piccoli cespugli di more.
Attraversiamo un ponte, poi ci troviamo nel fondovalle, uno strano riflesso azzurrino sui monti, laggiù, che forse è presagio del lago.



Ed è proprio qui, al fondo di questa valle, con due pareti di rocce e di verde verticale che fanno da guida al nostro andare - è impossibile sbagliare direzione, la indicano i corsi d'acqua, è dentro agli anelli di accrescimento di questi alberi secolari - è qui che mi sembra di sentirlo quel rumore immenso, di viscere terrestri, quel boato lungo che dovette esplodere maestoso (e permanere in un'eco infinita, cerchi concentrici di un timpano assoluto) quando lo zoccolo africano si scontrò con l'Eurasia e generò le Alpi. 
Tendo l'orecchio. Silenzio perfetto.




La ciclabile della Valchiavenna confluisce naturalmente nell'ultimo tratto del Sentiero Valtellina che abbiamo percorso il primo giorno.
Una finestra tra gli alberi ci dischiude il lago.



La pioggia, che fino ad ora ci ha seguiti da lontano, che si è condensata sulle montagne in attesa del momento giusto, ora che siamo vicini al treno precipita all'improvviso a terra, in grosse gocce temporalesche.
Sotto al cappuccio blu dell'impermeabile, a destra la superficie del lago che sfuma, mi viene un po' di freddo, e anche da sorridere.





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