sabato 8 agosto 2015

Bernina. Treno più bici

di Giulia Cocchella

Quando della propria passione si fa un lavoro, il risultato ha una marcia in più. Iniziamo la nostra giornata andando a curiosare tra le bici del negozio di Corrado. Mi ero immaginata si trattasse di un laboratorio artigiano, curato, ben avviato, ma di piccole dimensioni. Invece Spada Bike è insieme un laboratorio, un'officina, un negozio... insomma molto di più. Corrado le biciclette le pensa e le fa, le disegna, le progetta, si inventa nuovi componenti e persino nuove ruote per salire le scale, che tuttavia non sono state comprese appieno dal mercato, scherza. Ci aggiriamo tra modelli da corsa e da montagna, tutti curatissimi fino al dettaglio più minuto: penso che se non mi affretto ad uscire rischio di portarmi a casa l'ennesima bici!

foto di Alessandro Zeggio
Salutiamo Corrado e Francesca con la promessa di incontrarci di nuovo, in Liguria la prossima volta.
Andiamo dritti alla stazione dei pullman per lo Stelvio, ma un imprevisto ci costringe a rivedere il nostro itinerario: nella notte si è verificata una frana e le corse sono momentaneamente sospese.
Rapido cambio di programma: Bernina!
Lo diceva Rumiz, che ho portato con me in questo viaggio, lo diceva ne La leggenda dei monti naviganti che il bruco rosso dei ghiacciai è qualcosa di più di un semplice treno. "Il trenino svizzero lo riconosci prima dall'odore. (...) Se lo avvicini a occhi chiusi, fiuti sapone di Marsiglia, legno di abete, cioccolata espresso" e non si tratta soltanto di una differenza olfattiva: il trenino del Bernina non fa rumore, si arrampica per tutto il tempo del viaggio senza tradire la minima fatica. Attraversa la strada, sulle prime, sfilando tra le auto come fosse un metrò, poi si allontana dalle case, quindi prende quota percorrendo un ponte elicoidale che è quasi una rampa di  lancio: direzione ghiacciaio!






















I finestrini, che nel nostro vagone sono vetrate che arrivano fin quasi al soffitto, permettono una visione panoramica a trecentosessanta gradi su montagne, pinete, laghi e valli che affondano sempre più in basso. Ho la sensazione, così rara nella vita da adulti, che tutta questa bellezza non possa trovarsi realmente davanti ai miei occhi vigili (dove ho iniziato a immaginarmi tutto?), e che la voce suadente che esce dall'altoparlante - dizione perfetta, benvenuti, dice, in italiano e in tedesco - sia davvero la voce del treno, davvero felice di ospitarmi come dichiara.
Il trip si interrompe a Cavaglia. Facciamo una tappa per andare a vedere le "Marmitte dei giganti".



Si tratta di grosse cavità scavate nella roccia, di origine glaciale: i torrenti, che raccoglievano l'acqua di fusione superficiale del ghiacciaio, scorrevano sopra di esso precipitando nei crepacci. Nel salto, l'acqua, insieme a sassi e detriti, prendeva un movimento vorticoso in grado di erodere la roccia in queste forme caratteristiche.




I giganti devono cuocere qui le loro marmellate, perché tutto attorno alle "Marmitte" crescono lamponi, fragoline selvatiche e mirtilli rossi. 



Pennacchio di Scheuchzer

Ritorniamo in stazione in bicicletta e saliamo nuovamente sul trenino per raggiungere il Bernina. Questa volta è pieno di gente, ci sediamo accanto a un tedesco che ci racconta cose in tedesco. Parla inglese? No, solo tedesco, ci risponde in tedesco, e aggiunge molte interessanti notizie, credo, sul ghiacciaio che stiamo per raggiungere, ci fa vedere foto, scattate forse tempo prima, poi parla, ancora parla e scandisce bene, niente da dire. Noi sorridiamo e basta. 
Io credo dica che il ghiacciaio si sta sciogliendo - c'è una certa urgenza nel modo in cui tira fuori le parole - che di questo passo tra una decina di anni non avremo più ghiacciai sulle Alpi, ma sono tutti discorsi che gli attribuisco a caso, cose che ho letto e che mi tornano in mente. Immagino che con quella sua lingua dura e sonante stia inveendo contro i cannoni sparaneve, che fioccano l'acqua pubblica sulle piste rimaste verdi, proprio quando quell'acqua scarseggia, proprio quando il ritirarsi dei ghiacciai promette di mandare all'aria il nostro sistema idrico. Ma questo è Rumiz che risuona nella mia testa, non so davvero che cosa voglia dirci il tedesco. Lo salutiamo, lui ci saluta, forse dice buon viaggio. Forse.



Dal Bernina a St. Moritz è quasi tutta discesa, le ruote corrono, una marmotta risponde al campanello delle nostre bici mentre la velocità mescola i colori ai nostri fianchi: bianco, azzurro, verde.

foto di Alessandro Zeggio
St. Moritz accalca sul lago casette vecchio stile, alberghi moderni, alberghi troppo grandi e un tendone del circo. Pranziamo vista lago, per poi percorrere gli ultimi cinquanta chilometri fino a Chiavenna.








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