lunedì 19 maggio 2014

So bikeproud of us - Perdersi, parte I

di Giulia Cocchella


Avrei voluto scrivere in presa diretta, raccontare per filo e per segno ogni incontro, ogni chilometro pedalato, ogni papavero incontrato lungo la strada. Ma la verità è che alcune cose si vivono e basta, puoi tentare di raccontarle dopo, se ti riesce, puoi raccogliere qualcosa dal vivo materiale del viaggio e trasformarlo in parola. Sarà quasi sempre un tentativo maldestro, la differenza tra un fiore di campo e un fiore raccolto, sistemato in un vaso. Ma ci provo, mi dico, ci provo lo stesso: il viaggio, anche se piccolo, di pochi giorni, è già diventato ossa delle mie ossa, e pelle della mia pelle, non ho niente da perdere.


Il pretesto è stato il Bikepride di Bologna, la parata dell’orgoglio ciclistico, in una città in cui c’è da essere orgogliosi davvero. Io e Valeria arriviamo a Bologna nonostante tutto, anche in barba ad uno sciopero generale dei treni regionali dell’Emilia Romagna, caricando le bici, a Milano, nientemeno che su Italo, dopo abbondanti sfarfallii di ciglia al personale del treno.
Arrivate in Piazza Maggiore, davanti a S. Petronio, c’è già un elefante a pedali e un carro con catapulta ad acqua trainato da una bicicletta.
È chiaro da subito che le nostre trecce e frange posticce, rosa fucsia, attaccate sotto il casco, sono una delle cose più sobrie che si vedano in giro, ma il clima è tollerante, una vichinga fatta e finita ci fa pure i complimenti per non farci sentire da meno.



Bologna è orgogliosa e fa bene.
C’è un rispetto per il ciclista urbano che qui a Genova neanche ci sogniamo, gli automobilisti si fermano quasi tutti di buon grado e un autobus risponde ai nostri scampanellii con colpi di clacson e sorrisi. La città, invasa da quest’orda di barbari che siamo, strombazzanti, urlanti, colorati e tanti, soprattutto tanti, risponde facendo largo e fotografie. Ci supera una bici con un calcio balilla al traino, un pulcino gigante pedala su una bici minuscola, poi api, vichinghi con corna di palloncini, qui tutti sanno andare in bicicletta!

Incontriamo Simona, amica di amici, che si fa trainare su un carretto perché ha una clavicola rotta.
Siete le Genovesi!, ci accoglie, poi incita l’orda a pedali con una finta mazza ferrata che brandisce con il braccio sano. I barbari in bicicletta non li ferma nessuno!


Guardiamo questa città che non conosciamo con gli occhi curiosi del turista, ma girarla così, in mezzo ai bolognesi, pedalando fianco a fianco, ci fa sentire a casa e ci permette di perderci per vie sconosciute senza smarrire la strada. Per il momento.
Appunti di viaggio:
1) portarsi a Genova un po’ di questa speranza (è solo un fatto di cultura, e la cultura si può costruire)
2) procurarsi un campanello chiassoso, a forma di orso o mammuth, per il prossimo anno
3) una volta che hai smontato la ruota davanti della bici della tua amica, se ci tieni, all’amica, rimontale i freni dritti
4) portarsi sempre una sacca porta bici (o molto mascara)






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