martedì 10 dicembre 2013

Pedalando da Soul Kitchen

di Giulia Cocchella

Cibi e bici. Al primo sguardo solo un' inversione di sillabe.
Ma chiediamocelo: che rapporto c'è tra ciò che mangiamo e il mezzo che usiamo per spostarci?
La sto prendendo da lontano, ma il punto è che io e Ilaria, che siamo vegetariane, abbiamo deliberato di scorazzare in bicicletta per il centro di Genova e censire tutti quei ristoranti attenti alle esigenze di chi ha deciso di escludere dalla propria alimentazione carne e pesce.
Cosa c'entra con la bici, chiedete?
Intanto si tratta in entrambi i casi di una scelta, che per definizione comporta l'esclusione di altre possibilità, almeno nel momento in cui la esercitiamo. E poi credo che la questione fondamentale sia questa: coloro che scelgono la bicicletta - cioè un mezzo a zero emissioni di CO2 - e coloro che scelgono un'alimentazione vegetariana - cioè un modo di nutrirsi che vorrebbe limitare l'impatto dell'animale uomo sull'ecosistema - sanno e dimostrano di essere ospiti nel mondo al pari di tutti gli altri. Credo, in sostanza, che si tratti di due forme di rispetto, diverse e potenzialmente complementari, nonché di due valide pratiche di salute individuale.
Ma bando ai discorsi, è ora di cena!
Soul Kitchen ci piace perché ci piacciono le persone che ci lavorano. E poi perché si mangia benissimo, sempre.
Se arrivate in bicicletta, c'è un buon palo a cui legarla (sempre telaio e ruota davanti, mi raccomando) proprio lì vicino, appena arrivati in Piazza dell'Agnello.
Il menù non è esclusivamente vegetariano, ma riserva ogni volta un bel numero di piatti per chi non mangia carne e pesce. Qualche esempio? Il nostro pensiero va al tortino di melanzane, che ci è rimasto nel cuore e che invano Ilaria ha cercato di riprodurre a casa nei momenti di nostalgia gustativa; poi alle casarecce con broccoli, crescenza e nocciole, poi alla torta di mele e cardamomo...
La cucina, che rispetta le stagioni e i sapori liguri, l'ambiente caldo e accogliente, il pane fatto in casa, tutto vi fa venire voglia non dico di stravaccarvi, ma almeno di mettervi ben comodi sulla sedia e alzare il naso verso l'alto: mentre Ilaria mi elenca i suoi buoni propositi per l'anno nuovo, guardo estasiata (complice anche il vino) il lampadario fatto con le pentole e i paralumi scolapasta.
Volendo tralasciare tutte le argomentazioni di tipo antispecista, ecologista ed economico, sulle quali ciascuno può formarsi un'opinione propria, è un fatto che la dieta vegetariana fa bene alla salute.
Questo allegro piattino vegano

del quale non è rimasto nulla se non la fotografia e un dolce ricordo per le nostre papille, è ricco di proteine più facilmente assimilabili di quelle di origine animale.
Ci sono: orzo con le verdure, sushi vegetariano in alga nori, polpettine di ceci rotolate nel sesamo (buone!), polentine fritte da tuffare in salse piccanti e meno piccanti, tutte a base di verdure.
Parliamo un po' con Alessandro, prima di uscire: è lui lo chef che inventa i piatti veg, che ci svela con le sue creazioni le autentiche delizie del mondo vegetale, come dalla restrizione, per così dire, scaturisca la creatività.
Il si-è-sempre-fatto-così non è quasi mai un buon argomento, se stiamo parlando di cucina o di qualunque altra cosa, anzi è soltanto un contributo al trionfo del sistema dominante, sia esso ideologico o culinario. Ce n'è forse bisogno?
Siamo curiosi, non annoiamo le nostre papille! Siamo visionari, ebbri!
Pedaliamo, scardiniamo, smantelliamo le abitudini del palato e del pensiero!
Slegate le bici, ci rimettiamo in sella, parlando per un tratto di come sarebbe bello che Soul Kitchen fosse anche bike-friendly. Ma come si adotta una rastrelliera?
Dateci solo il tempo di raccogliere le informazioni necessarie e poi torniamo da voi, magari con una proposta e molto, molto appetito!
Grazie ai ragazzi di Soul Kitchen, per la consueta simpatia e per la disponibilità a raccontarci ricette!

sabato 7 dicembre 2013

La Ciclabile di Sanremo: bagnarsi due volte nello stesso mare

di Giulia Cocchella

Tornare due volte nello stesso luogo, bagnarsi due volte nello stesso fiume, direbbe qualcun altro, non è cosa possibile. Così la ciclabile di Sanremo mi è parsa diversa, a due anni di distanza: i suoi scorci, le terrazze sul mare, persino le gallerie. E se ciò che abbiamo già visto non ci sembra uguale a prima, è ancora più vero che ritornare apre lo sguardo, lo allarga a comprendere particolari nuovi, che proprio ci erano sfuggiti.
Subito a sinistra della prima galleria, per esempio, c'è una piccola stradina di ghiaia che due anni fa non avevo percorso. Una rastrelliera verde invita a legare la bicicletta e proseguire a piedi, ma decido di portarla con me.






L'orizzonte basso e soleggiato, più avanti, lascia supporre un panorama d'aria e di mare, che è davvero lì a pochi passi, ma il vento scuote forte le mie mani e quasi mi impedisce di fare foto.






 è bella la ciclabile di Sanremo, di un fascino tutto suo, non dirompente, non compatto, ma disteso lungo i ventiquattro chilometri che da San Lorenzo portano a Ospedaletti. è la ciclovia più lunga che abbiamo in Liguria e se volete potete aggiungere qualche giro di ruota in più, una decina di chilometri circa, scendendo alla stazione di Diano e percorrendo l' "Incompiuta", una ciclo-pedonale che conoscono in pochi e che permette di raggiungere Imperia senza fare salite e guardando solo il mare, senza preoccuparvi del traffico.
Da Imperia, San Lorenzo è poco distante.
Si diceva all'inizio che proprio non ci è dato di fare due bagni nello stesso fiume, o nello stesso mare; così scriveva Eraclito, filosofo da magneti da frigo, oramai, ma che in realtà in vita fu misconosciuto perché parlava per oracoli e nessuno ci capiva un tubo. Non che lui desiderasse essere compreso. Trattandosi di un aristocratico, discendente del tiranno di Atene, pur allontanando da sé titoli e privilegi, non si esimeva dal disprezzare il prossimo.
Eraclito lo snob, diremmo adesso; Eraclito l'Oscuro, il Malinconico, lo chiamavano i suoi consecolani (VI a.C., anno di nascita incerto).
Quello che mi interessa di più è che anche lui è nato davanti al mare - Efeso, costa ionica - e se provo ad immaginarmelo quel mare, che deve pur avergli ispirato qualche pensiero, me lo immagino come questo.




Santo Stefano, Riva Ligure, Arma di Taggia, Bussana si susseguono senza variare di molto il panorama alla vostra sinistra - mare e ancora mare, a perdita d'occhio - e nemmeno quello alla vostra destra, più o meno verde, interrotto qua e là da case, orti di fiori, serre in uso e serre dismesse.
C'è una chiesa, a un certo punto, proprio sopra alla ciclovia, che merita una deviazione non fosse che per il piccolo giardino che la circonda e per l'ulivo che affianca il campanile.






Proseguendo ancora si incontra una terrazza panoramica in cui un locale che affaccia sul mare mette a disposizione delle originali rastrelliere montate su grosse bobine di recupero (e offre anche un caffè pessimo, che però la vista paradisiaca vi farà dimenticare). Se arrivati a questo punto aveste accidentalmente forato una gomma, un distributore automatico di camere d'aria vi porterà soccorso.




Per tornare a Eraclito, a un certo punto della vita, disgustato dai suoi compaesani e dal governo, portò via la sua saggezza e incominciò a vivere da eremita. Trascorreva le giornate a scrivere La natura (il cui testo era così limpido e la punteggiatura così curata che gli valsero il soprannome "l' Oscuro") e a nutrirsi di erbe e frutti spontanei che alla lunga gli procurarono qualche problema serio di salute. Però Eraclito era lucidissimo, magari altezzoso, magari cinico, burbero, malnutrito, ma assolutamente convinto delle sue idee sul mondo. "La più bella delle trame", se ne usciva a un certo punto, "viene formata dagli opposti, e tutte le cose sorgono secondo contesa". Oppure: "Tutte le cose sono un baratto in cambio del fuoco", elemento per eccellenza della trasformazione.
Mi guardo attorno: piante, fiori, foglie che adesso sono gialle e domani avranno ancora un altro colore, due ragazzi abbagliati dal sole, un dattero che un attimo fa era attaccato alla palma e ora è cibo tra le zampette di un topo.







Tutto scorre, anche se il sole d'inverno ha quella luce immobile che fa pensare che il giorno si sia fermato, che d'ora in poi saranno le quattro del pomeriggio per sempre.




Tutto scorre: scorre il panorama al ritmo del pedale, scorrono il giorno, le stagioni, le nostre stagioni.
Mi porto a casa una particolare nostalgia, che a pensarci bene è una parola greca, letteralmente il dolore del ritorno, il desiderio malinconico di ritrovare cose che si sono perdute.
Esiste il ritorno? è davvero possibile ritornare in un luogo, in uno stato dell'anima?
Non una volta, non due, non cento: nasciamo nuovi ogni giorno.